venerdì 20 aprile 2007

IL PECCATO E IL DOLORE




So che parlandoti non riuscirei a dirti ciò che sento, ciò che provo; forse perché non lo so nemmeno io. Vorrei solo ballare con te per sentirti vicino, qui, vicino a me. Dimmi, deve per forza essere così? Cos’è che non va in questo amore? Io, te, e tutto il resto. Doveva essere cos’, ma non è stato così; questo è il nostro destino, che spero non ci porti verso una morte funesta. Il dolore più grande lo porto con me, nei meandri più profondi e più segreti del mio cuore, cosicché, nessuno, o tutti, lo possano vedere. Fammi ballare e fammi ubriacare col tuo amore. Dammi un sigaro, voglio risentire quel sapore ancora una volta. Oh, lo sai; la sorte non è una mia alleata, ma in fondo, io di chi lo sono stata? Di astri e illusioni, sempre vaganti, e libere, come un cavallo senza briglie, nella mia testa. Perché, vedi, l’immaginazione, l’illusione, non costa nulla. La realtà è assai più aspra. Le persone sono crudeli. Lo sapevamo già. Ma dimmi. È forse così che sono diventata? Crudele? Oh, non credere, amore mio, che tu non lo sia stato, che non lo sia, e che non lo sarai. La natura dell’uomo è macchiata dal peccato, ovvero dal dolore. Inevitabilmente è così, dolce amore, se pecchi, soffri; e se sei vittima del peccato, sarai artefice del dolore. Non crucciarti, per cercare di capire; tanto non capiresti. Scusa, amore mio, ma non posso restare indifferente a ciò che mi circonda. Ti amo e lo sai, ma non voglio, anzi non vorrei più soffrire, perchè non vorrei più peccare, diventando quindi, l’unica imputabile del mio stesso dolore. Scusami ancora, ma ti saluto, continuando ad amarti e a desiderarti, come il primo giorno, il primo attimo, il primo istante, il primo sguardo.

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